lunedì 10 novembre 2008

Il Caffé



Le sette e trenta di un giorno qualunque e lei stava sbattuta in mezzo alla strada per andare a lezione..il vento giocava con i suoi lunghi capelli blonduli; e gli occhi grigioblù grandi come la paura della vita dura, quella vera, tradivano profondo sconforto.
Per lei era un periodo particolare, rifiutava il mondo come se fosse una malattia e l'unico modo per sopravvivere era non guardare mai nessuno in faccia. Mai negli occhi.
Lo sguardo basso, come a disegnare una lacrima.
Avvolta nel trench nero, si alzò il bavero come per schernirsi dal mondo, e con andatura da gatta silenziosa entrò nel bar per un caffé.
Macchiato, grazie.
Un cucchiano di zucchero..che giornataccia..un altro cucchiaino…vediamo un po’ quello che devo fare…un altro cucchiaino…oddio ma ce l’ho il portafogli?...un altro cucchiaino...e il libro?...
Il ragazzo che le stava accanto, mostrando un cipiglio attento e sicuro, la osservava spavaldo e divertito dall’eccesso di zucchero che s’immergeva nel caffé.
Le disse “ma lo sa, signorina, che il suo più che un caffé ha l’aria di essere una soluzione chimica?”
Lei si girò stupita ed imbarazzata, ma subito, per difendersi, scivolò lo sguardo sulle mani del ragazzo, che tenevano un giornale.
E rispose brusca “sìsì, sa, faccio esperimenti” ritornando a mescolare il suo intruglio e pensando che sarebbe finita lì.
Ma lui continuava ad osservarla, sembrava leggere una storia.
Quando lei si voltò per guardarlo si sentì immensamente vulnerabile e profondamente invincibile.
Non poté fare a meno di notare i suoi occhi, decisi e duri, ironicamente malinconici, profondi come un mistero.
Lui le sorrise; lei gli rispose con lo sguardo.

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