giovedì 20 novembre 2008

Il Diavolo che ritrovò l'anima




La notte giunge sempre troppo presto. O tardi, dipende.
Chiudo a chiave la porta della mia stanza, così fredda, e mi raggomitolo fra le coperte del mio letto.
E sogno.
Oddio almeno credo, perchè ad un certo punto vedo un'ombra nera e minacciosa con due corna grosse così e un codone biforcuto.
E' un sogno è un sogno. Oppure mi drogo senza saperlo.
Dal letto non riesco a vederlo bene, è un pò lontano, accanto la finestra, sembra appena entrato. L'ombra si muove per la stanza e alla luce della luna diventa rossa come una fiamma incandescente.
- Però che colori vividi e che aspetto realistico! - mi dico rigirandomi fra le coperte pronta a lasciar perdere il momento d’allucinazione onirica.
"Ma che tipa che sei, che fai parli pure da sola adesso? t'avevo lasciata messa male ma mo stai peggio..ahhahahhah!"
Un salto del cuore e sobbalzo nel letto! Cazzo che paura!
- Ma dico?!?! ma chi sei?? -
"Sempre io, non ti spaventare, oppure spaventati basta che la fai breve."
Guardo l'orologio che lampeggia in blu elettrico due e diciotto.
- Ma ti pare l'ora? e poi scusa non sarebbe stato d'uopo farmi visita alle 06:06:06? -
" Fai la spiritosa? Ma vedi dopo c'ho un appuntamento." dice avvicinandosi.
- ?!?!?! -
" Ebbè? ringrazia che sono passato scusa! più tardi m'aspettano pè na bella birrozza!!haa!"
- Ah grazie tante dell'incastro che mi hai riservato! comunque te lo potevi pure risparmiare.-
" E perchè?" mi dice sedendosi sulla poltrona nera, proprio davanti a me.
- Messa così...che lo fai per pietà? o sei diventato un assistente sociale? Hahahha! già ti vedo che ti versano i contributi! - gli rispondo sedendomi sul bracciolo un pò scomodo, ma vabbé.
" mbah, sai, a dirla tutta non sono venuto per te."
- Ah bene! Sai com'è un pò mi solleva sentirmi dire sta frase da un essere planato nella mia stanza direttamente dagli inferi! -
" hahah già.” sospira guardando la pila di libri sul mio comodino “No vedi in realtà sono venuto per me. Non mi sento per niente bene."
- Guarda se devi rimettere ti prego alzati da quì!!" esclamo scherzando ma non troppo!
" Aaah, ma non parlo del corpo, cristo!" mi ammonisce, prendendo un libro dalla cima traballante del mobile, mimando il gesto di tirarmi il volume in testa.
- Bada che a quel libro ci tengo! - gli dico ridendo.
" Amleto! Cazzo!”
- L’hai letto? –
“Ah guarda, Amleto aveva capito tutto..!!”
- Hahah oddio leggi Shakespeare! Sta cosa me fa morì..ahah, magari seduto davanti al camino..!!-
“ Tzè figurati, io c’ho proprio parlato, con Amleto!”
- Che cosa?? Ma davvero? WOW! E che tipo è? Cioè tutta quella storia del dormire/sognare/morire..la pensa davvero o l’ha detta solo per darsi un tono? –
“ mbeh c’è morto pè quello, fai un pò te!”
- Vabbé lascia stare vedo che oggi non sei molto in vena di chiacchiere..che dicevi allora? Cosa ti da il tormento..? -
“ Beh, dicevo," mi risponde poggiando il libro "sì sto maluccio..ma non parlo del corpo..” mi dice con gli occhi bassi.
- Ah già giusto. – rispondo pronta.
“ Parlo dell’anima.”
- ?!?! –
“ ? ”
- E beh ma di chi?!? –
“ La mia. ”
- ! –
“ Amica mia, hai intenzione di esprimerti anche articolando parole?”
- Ah sì…la tua anima. O beh interessante sta cosa, chissà perché avevo dato per scontato che o non ce l’avevi o che se ce l’avevi di certo dovevi aver trovato il modo per far sì che non ti creasse problemi. -
“ Invece mi danna l'esistenza. Sono rosso, fatto da fiamme e fuoco, ma dentro ho il freddo dipinto di nero.”
- Beh ma perché, ti fa male? –
“ Perché non c’è, ma la sento.”
- Cioè la mancanza ti fa male? O il desiderarla? –
“ Tutt’è due. E aggiungici che non mi ero mai sentito così prima.”
- E ci credo! Ma perché ora come ti senti? –
Lui si alza e fa qualche passo per la stanza..è imponente, si aggira come una belva in gabbia. Poi mi guarda e si siede sul letto. Io lo seguo e mi siedo accanto.
“ Beh prima dentro c’era come uno spazio vuoto, giusto? ”
- e beh sì se lo dici tu. –
“ Sì. E poi ho incominciato a sentire qualcosa che mi rimordeva tutto qua dentro. ”
- E non era fame?-
“ Ah vuoi farmi bestemmiare!! ” dice e gli si infiamma la coda biforcuta!
- hahahah non sia mai! Scusi vostro onore, riformulo la domanda: e non era senso di colpa? - rispondo, notando che mi ha sbruciacchiato l'angolo della coperta!
“ No no. E per cosa poi? Scusa eh! ” sentenzia accendendosi una sigaretta.
- Giusto, lo immaginavo. E perciò hai cominciato ad avere questa sensazione, dicevi.. –
“ Sì sì, il vuoto era vuoto, ma faceva male! ”
- E poi? -
“ Non so mi pare che si stia riempiendo. ”
- Ti pare o si sta riempiendo? –
“ Forse lo desidero io. ”
- Beh questo è un problema. – asserisco a braccia conserte, pensandoci un po’.
“ Che devo fare? ”
- e lo chiedi a me?
“ beh, tu ce l’hai no, l’anima? ”
- All’incirca, sì..ma..mica vorrai la mia o roba del genere?? -
“ Ma no ma no. Voglio sapere come fare per sistemare la faccenda. ”
- Cioè, fammi capire, ma tu la vuoi sì o no? – chiedo con decisione.
“ Non lo so..direi..sì la desidero, ma ho terrore di non saperla controllare.”
- Eh, vedi… – gli dico guardandolo dritto negli occhi fiammeggianti …come soffre..penso.
“Dimmi” mi risponde, spegnendo la cicca sul comodino, ggrrrrgr.
- Beh penso che, non so come, ma quest’anima, che hai sempre avuto dentro secondo me, ti sta facendo male perché è come se nascesse adesso, è come se tu la conoscessi ora e la guardassi per la prima volta.”
“ Quindi sono fottuto! ” esclama affondando gli artigli fra le coperte.
- Ehm..se volevi chiedermi se tutto è perduto ti dico di no. -
" E perché me lo dici sorridendo? "
- Se ti perdi, anche solo per un attimo, quando ti ritroverai la prima cosa che afferrerai sarà la tua parte più antica.
Vedi la luna là fuori? Noi ne vediamo sempre lo stesso volto, ma è sul suo lato nascosto che vanno a finire tutte le cose perdute. Non spariscono, finiscono lì, e anche se non le vedi nel profondo sai che sono custodite dalla sua ombra.
L'anima l'hai lasciata lì, o forse l'hai dimenticata.
Ma anche se è nera non devi aver paura, perché è sempre stata parte di te. -
" Non so perché ma mi sento meglio! " mi risponde con un sorriso.
- Non te lo dimenticare. -
“ Puoi scommetterci. A proposito, staranno imprecando contro tutti i santi del paradiso chiedendosi dove sono finito! ” esclama avvicinandosi alla finestra.
Guarda la luna, poi guarda me e con il suo sorriso disegnato con l’inchiostro s’immerge nel blu.
La stanza è tiepida, lascio la finestra aperta, come sempre, come ogni notte.
E mi avvolgo nella coperta con l'angolo sbruciacchiato.

La sirena e la tempesta


Le onde arrabbiate mischiano gli abissi del mare, ma a me non importa, stringo un anello forgiato d’amore e promessa, piccolo cerchio di luce che mi riscalda.
Abito il profondo gelo degli abissi; l’acqua ha dipinto i miei occhi ed il sole intrecciato i miei capelli, il rosso del corallo si riflette sulle labbra.
Gli uomini mi chiamano sirena e raccontano di me come fossi una fiaba, le giovani ragazze sognano una storia come la mia, ignorandone la rinuncia che l’ha costruita.
Le grandi nuvole viaggiano veloci, messaggere di un segreto che non conoscerò mai ma che porto d
entro.
Passerà questa tempesta? La pioggia s'immerge nell'acqua nera, gli occhi sfuggenti celano l’anima, le mani proteggono il cuore.
Infinite volte mi sono persa, ma io non rimango in nessun posto, non sono in nessun posto. E non conosco nessuno.
E’ un mondo altro dal tuo ma ne è anche il fratello, forte come la natura, volubile come la luna e fragile come un sogno all’alba, basta un respiro per svegliarsi.
Hai condiviso con me un’alleanza infinita come la luce che promette un nuovo giorno e profonda come il buio che trascina l’ultima notte.
Hai compiuto un viaggio che ti ha tatuato sulla pelle il suo significato. Tu vieni da una terra che non conosco ma che ha lo stesso colore della mia sabbia e mi hai fatto conoscere abissi che neanche i sogni mi avevano mai raccontato.
Ma quanto ti ha fatto male la tua vita, e la tua terra.
Come mi taglia la pelle, il tuo dolore.
Sento che soffri e non respiro.
Com’è strano avere una vita ed esserne animata da un'altra.
In attesa che il mondo mi sveli come arrivare alla fine della notte, parlo con la luna ed il suo silenzio non fa paura, accarezzo con i pensieri il confine oscuro, indecifrabile, in cui ci siamo incontrati.
Ma tu decidi di oltrepassare l'orizzonte, dove l'anima tramonta.
E alla luce della notte i miei desideri diventano la schiuma di un'onda, io rimango l’eco di una storia antica.
Mai conosciuto, eppure sei per sempre lì, nel cuore.

Attraverso lo specchio



Guardo giù dalla scogliera.
Il mare mi racconta di un mondo attraverso lo specchio, dove la luna non tramonta mai.
E le ore non tagliano l’anima.
“Non dovresti neanche immaginare quello a cui ora pensi.”
-Già. Ma lo desidero.
“Ma perché di nuovo ti perdo così ?”
-Non lo so. Non ho niente. Non sento nulla. Che dici, si può essere morti e non saperlo?
“Ennò!”
-Ti vedo sicuro di questa cosa, sarà come dici tu. Ma sei sicuro? Guardami, non ti sembro un po’ pallida?
“Solo nel cuore.”
-Il cuore..che rabbia..la Notte ha rubato il mio cuore e l’anima l’ho mischiata col vento.
“Sai, la rabbia è un uncino che affonda in una ferita che non intende rimarginarsi.”
-E’ vero. Non ora. Non ancora.
Il tramonto dipinge le onde. Un attimo. Ed è notte.
“Beh ma la Notte ritorna, potresti chiederle se te lo può ridare indietro. Dico, il cuore.”
-Sai che c’è? Non saprei che farmene.
“mbah, magari ci potresti campare.”
-Ti faccio arrabbiare coi miei discorsi vero?
“Io mi arrabbio solo coi terremoti e quando perdo a scacchi, ricordalo."
-Già. Sai ieri ho fatto un bel sogno. Ma era un sogno.
“Non sei stanca di respirare nel buio e disegnare un mondo che non esiste?”
-Il mio universo è l’unica realtà che mi fa sopravvivere.
“E vivere nel mondo attraverso la tua vita? Non t'interessa?”
-E perché? Lo vedi il mare sotto di te e di me? Non si cura di noi, ed è meraviglioso, immortale.
"Ma il mondo è crudele, e proprio questo lo rende interessante da fronteggiare!”
-Io lo so com’è il mondo. Una volta l’ho visto disegnato in un libro ; è una bestia dalle nove bocche di drago!
“Questo è ciò che tu ora vedi. Ma il mondo è una storia nella storia. Che dovresti conoscere, un giorno.”
-No, sono curiosa di sapere cosa c’è dietro lo specchio! L’acqua è fredda?
“Non c’è una domanda più sciocca.”
-Ah, lascia stare.
La notte è buia.
L'aria scivola sulla pelle come velluto.
L’acqua è fredda.

lunedì 10 novembre 2008

Il Caffé



Le sette e trenta di un giorno qualunque e lei stava sbattuta in mezzo alla strada per andare a lezione..il vento giocava con i suoi lunghi capelli blonduli; e gli occhi grigioblù grandi come la paura della vita dura, quella vera, tradivano profondo sconforto.
Per lei era un periodo particolare, rifiutava il mondo come se fosse una malattia e l'unico modo per sopravvivere era non guardare mai nessuno in faccia. Mai negli occhi.
Lo sguardo basso, come a disegnare una lacrima.
Avvolta nel trench nero, si alzò il bavero come per schernirsi dal mondo, e con andatura da gatta silenziosa entrò nel bar per un caffé.
Macchiato, grazie.
Un cucchiano di zucchero..che giornataccia..un altro cucchiaino…vediamo un po’ quello che devo fare…un altro cucchiaino…oddio ma ce l’ho il portafogli?...un altro cucchiaino...e il libro?...
Il ragazzo che le stava accanto, mostrando un cipiglio attento e sicuro, la osservava spavaldo e divertito dall’eccesso di zucchero che s’immergeva nel caffé.
Le disse “ma lo sa, signorina, che il suo più che un caffé ha l’aria di essere una soluzione chimica?”
Lei si girò stupita ed imbarazzata, ma subito, per difendersi, scivolò lo sguardo sulle mani del ragazzo, che tenevano un giornale.
E rispose brusca “sìsì, sa, faccio esperimenti” ritornando a mescolare il suo intruglio e pensando che sarebbe finita lì.
Ma lui continuava ad osservarla, sembrava leggere una storia.
Quando lei si voltò per guardarlo si sentì immensamente vulnerabile e profondamente invincibile.
Non poté fare a meno di notare i suoi occhi, decisi e duri, ironicamente malinconici, profondi come un mistero.
Lui le sorrise; lei gli rispose con lo sguardo.

Pss pss.



Minaccioso giunge il giorno carico di obblighi e doveri e non intende aspettare.
Devo uscire; il mondo, quello stramaledetto, esige la mia presenza, e per ora lo accontento.
Le scale del palazzo sembrano srotolarsi all’infinito e la strada mi accoglie malvolentieri.
E come odio la metropolitana oggi..la mia percezione dei suoni li trasforma in rumori che diventano barriera e i colori delle persone si sciolgono in una maschera mostruosa.
Mi siedo.
Chiudo gli occhi. E sono altrove.
“Pss Pss” sento fare vicino a me. Apro gli occhi e mi guardo intorno..alla mia destra c’è una vecchia signora che mi guarda sbigottita da quando sono salita sul vagone (saranno i jeans con lo strappo strategico underground a lasciarla perplessa interrogandosi sulla mia moralità?) e di fronte un bimbo che tira pugni sul ginocchio del padre che non vuole ascoltarlo. Non credo che sia stato uno di codesti personaggi a psspssarmi…mmm eppure l’ho sentito tanto vicino che mi è sembrato di avvertire un leggero soffio quì, vicino il collo.
Ma alla mia sinistra non c’è nessuno.
Mmmm okkey succede, le allucinazioni sonore dribblano perfino il cervello delle pulzelle d’orleàns, perché non dovrebbe capitare a me?
Chiudo gli occhi. E non ci penso.
“Pss Pss dico a te.” e stavolta sono sicura! E mi guardo intorno..niente, accidenti! Oggi picchio qualcuno, sono certa che va a finire così.
Il treno rallenta, e poi si ferma…come un coccodrillo in agguato sotto la superficie dell'acqua.
La vecchia scende alla fermata, non prima d’avermi squadrata un’ultima volta, e l’uomo di fronte a me strattona il bimbo e lo spinge fuori dal vagone.
E beh non c’è nessuno per almeno un'intera fermata, e chi se la perde questa cosa?
Chiudo gli occhi e cerco di rilassarmi 20 nanosecondi.
“uè Pss Pss ma che non ci senti? O non mi vedi?”
- Maronnè macchiccacchiosei?
“Ma chi vuoi che sia, lo spirito dei natali passati? O il pappagallo di Robinson? Sùsù sono io, ma ho poco tempo, perciò ascolta bene ciò che ti dico.”
- Ma sei tu chi?...solo due parole: che stress. Non sarei mai dovuta uscire!
“Sì va bene, però adesso stammi a sentire: passavo di qui perché stavo cercando una cosa.”
- Ah, e cosa?
“Niente. L’anima.”
- Cacchio! E l’hai trovata?
“No macchè!”
- Ma come l’hai persa?
“Ma mica la mia, te l’ho detto, non sono un fantasma!”
- E allora? Ma di che stai parlando spiegati! Quale anima?
“La tua, la tua. Ultimamente l’ho vista un po’..come vogliamo dire..sbiadita?..scolorita?”
- Che ne so come vogliamo dirlo, lo chiedi a me?
“Beh sta cosa non mi piace affatto. E quindi ho pensato di passare a controllare dal vivo.”
- E che devo dirti, grazie. Ma quindi, dicevi, non la trovi? Scusa se ti chiedo ma m’hai fatto venì una certa ansia.
“Meno male! Qualcosa allora ancora ti tange!”
- D’accordo ma la vedi o no??
“Mbah..ora che ti guardo da vicino…sì la intravedo…ma non sta bene che la lasci così.”
- Così come scusa, spiegati!
“Beh, chessò..sfilacciata..mi sembra sfilacciata.”
- Scusa ma scolorita o sfilacciata? Non potresti essere più preciso dato l’argomento?
“mmm all’inizio non la vedevo..poi mi sono avvicinato e mi pareva tenessi l’anima scolorita, ma ora che ti guardo nel cuore la vedo decisamente sfilacciata.”
- E che devo fare??!?
“Beh è come se mi chiedessi di insegnare ad un’ostrica come si fa una perla…non te lo posso spiegare, devi farlo da te.”
- Ti pareva, che gran bella fregatura!! Ma da dove comincio?
“A volte basta la parola di un amico. E ti senti meglio. Un amico che magari neanche immagina il bene che ti fa.
A volte il raggio della luna su cui di notte appendi i tuoi sogni.
A volte il sole che brilla nell'azzurro ma tu lo conosci incastonato nel buio.
A volte l’amato con cui condividere la più profonda delle alleanze.
Quando il peso del mondo lascia segni che non vanno più via, la poetica leggerezza di un’anima che ti abbraccia, dà calore.”
- Aspetta aspetta..a volte il raggio..com’era spè!
“Ma che fai, dammi quella penna, non puoi prendere appunti su queste cose!”
- Allora vorrà dire che me li cucirò tra i fili dell’anima.
“Già.”
- Grazie.
“E di che. Per te questo e...nient’altro!!!”
Sorrido.
Chiudo gli occhi. E sono via.

Lettera a Luna

Cara Luna,
ti scrivo per la prima volta, ma anche l’ultima; che lo so, lo so, lo so che appena ti avrò spedito la lettera già me ne sarò pentita amaramente.
Mi chiedi come sto.
Sto sbagliando tutto.
Ma proprio Tutto, su Tutta la Linea. Maiuscola anche quella; che poi sarebbe Ella, l’innominata, ovvero la mia vita, la grama esistenza.

L’unica cosa che distinguo con decisione è uno strappo, anzi una lacerazione.
Non te lo posso neanche raccontare con la voce, perché le parole mi sembrano sbiadite in confronto al dolore di cui dovrebbero farsi carico per spiegare.
Te lo scrivo, così poi non ci penso più, così poi me ne pento ma ormai già te l’ho detto e niente si potrà portare via ciò che ti confido, neanche il giorno, neanche il vento.
Io non sento mai freddo.
Non fa mai più freddo che nel mio cuore.
Ma bando alle vaghezze sdolcinate ed effimere, qua solo i fatti contano e la concretezza; sono arrivata ad un punto ben preciso.
Sull’orlo del precipizio.
Mi divertirebbe farmi un bel volo, ma per ora passo.
Lo so cosa pensi, che se avessi un decimo del tempo che ho per trastullarmi in sì tristi pensieri non mi baloccherei su tragici scenari.
Né tantomeno troverei un brivido più in un tramonto che in un’aurora.
Ma tant’è. Questa ora sono ed è terribile, e sono ingrata.
Ma questa ora sono.
Non c’è un Regno, tantomeno un Re.

Joker

Vorrei essere come il joker, una di quelle carte che ogni tanto spariscono dal mazzo, o una di quelle dannate pagine di libri strappate via da chissà chi. E chissà perché.
Com’è facile scivolare nell’ombra.
Semplice perdere tutto per non pensarci più.
Vorrei perdere me e tutto quello che sono stata; e soprattutto ciò che non riesco a ricordare.
Perderlo definitivamente.
Perdermi.
Sparire.
Così che, finalmente, non ci siano più segreti sconosciuti di cui aver timore.
Il tramonto dell’anima getta lunghe ombre buie sul giorno che muore.
Come un lago in cui muore silenziosa l’ultima stella.
Lo specchio cosa mostra? Mi racconterebbe tutto quello che non vorrei.
Desidero raggiungere la fine della notte ma non è cosa da tutti, gli eroi sono morti. E il sangue si raffredda.
Com’è spigolosa questa strada! Buio pesto, il cielo mi ammonisce senza luna.
Cammino sola, senza valigia, senza un libro; non c’è riposo, senza un attimo di respiro.
Magari mi fermerò a metà viaggio, cambierò idea e rimarrò in attesa. Oppure non mi andrà più d’aspettare nè di arrivare e allora me ne andrò.
La semplicità. E il mistero.
Come una carta da gioco si sfila da un mazzo.

Eclissi di luna


Il mare era un libro di favole,
Ora antologia di un abisso.
La luna tonda e perfetta,
E’ una gelida falce affilata.
Le stelle guida dell’anima,
Fori di proiettile nel cuore.

Salomé

“Federico! Aah scendi giù dal tetto! Ma quante, quante volte te lo devo ripetere, non ti ci devo trovare più eh? Guarda un po’ se devo tornare dopo un’intera giornata che sto fuori e trovarti arrampicato lassù! E chissà che altro hai combinato! Guarda che lo dico a tuo padre! Ma mi stai ascoltando??”
Il bel bimbo era arrampicato sul tetto della casetta in campagna della zia, presso cui lo parcheggiavano per i tre mesi estivi dal momento che il papà, da solo, di certo non poteva occuparsi di lui senza essere aiutato almeno un po’, almeno l’estate. Ma leviamo almeno.
La zia stava urlando come un’ossessa nel vano tentativo di convincere il dolce e testardo bimbo a raggiungerla in cucina per la cena. E sperava la raggiungesse in modi più ortodossi dell’usuale, magari scendendo le scale.
Ma il tormentato bimbo si era stancato delle cene con la zia, lui, lei e la tv; dopo l’ultima notizia del telegiornale “Stamani un uomo si è schiantato con il proprio deltaplano. Probabile avaria, miracolosamente è rimasto illeso.
Ma l’uomo è morto.” aveva deciso che si sarebbe premiato con più ingegnosi passatempi, magari facendo esperimenti pensò canticchiando un pappappero.
L’impavido Federico se ne guardava bene di rispondere allo sgolare della zia petulante, per nulla al mondo avrebbe interrotto il suo esperimento, oltretutto ormai era lì, sul tetto, ed aveva pure portato con sé Zucchero Candito, la mansueta gatta di casa, e la micia Salomé, poi ribattezzata Sgrinfio dal nonno-pirata, quello con la cicatrice sul sopracciglio, per ovvi motivi; ma la chiamavano anche Tigratta perché era un po’ pulciosa. Zuccherina era tranquilla e paciosa, in stato di perenne resa, Salomé-Sgrinfio, La Gatta Traditrice, era titubante e perplessa, per nulla ignara di ciò a cui avrebbe dovuto prestarsi; ondeggiava la coda innervosita come una tigre in cattività, che un po’ accetta l’inanità del destino e un po’ gli caverebbe volentieri un occhio.
Federico sapeva che con l’epifania della zia avrebbe avuto pochissimo tempo per constatare empiricamente se fosse vero o meno ciò che aveva sentito dire da Arturo, il suo amico di calcetto: che i gatti cadono sempre giusti. Da qualsiai altezza. Questa l’avrebbe proprio voluta vedere con i suoi occhi, non stava più in sé dall’emozione per l’imminente rivelazione!
“Federico!!ma che ci fanno pure le gatte lassù?? Oh Santi numi, fermo lì che ora arrivo”.
Eh no zì eh! che sali, pensava quel dolce diavoletto dalla testolina mai doma; il tempo dei perché era finito, ora o mai più, lo stava raggiungendo, i passi veloci e nervosi sulle scale.
“Orsù Sgrinfio è ora” anche perché aut gatto aut matto, sto esperimento s’ha da fare.
Inutile precisare che la dolce Sgrinfio con un balzo da rospo delle paludi si divincolò in un batter d’ali di farfalla, e come un delfino si tuffò giù dal tetto, poiché non solo era gatta navigata ma oltretutto l’altezza da affrontare era più apparente che reale, galoppò lontana e l’orizzonte arancio la inghiottì.
Attimo di panico per Federico; perché come una volta gli aveva rivelato un amico in un sogno, un piano, per quanto assurdo o mostruoso, dà sempre una certa sicurezza a tutti, vittime e carnefici, ma è quando subentra l’imprevisto che si scatena il vero caos!! Timor Panico..nello stesso istante Zuccherina pensò “me misera e me tapina”, Federico lesto l’afferrò e la lanciò nell’aere ormai imbrunito..la gatta s'aggrinfiò al destino infausto e sparì tra le fronde ottenebrate degli alberi vicini..chi dice d’aver assistito al momento di obnubilamento generale asserisce d’aver visto una pallottola artigliosa sparata a razzo ed un interminabile meoooooooooooowwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww.
Cioè non hanno sentito ma proprio visto meoooooooooooowwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwwww.
Boh.
Comunque fortunatamente la gatta è rimasta illesa.
Federico, dopo che l'ha agguantato la zia, un pò meno.

Idra





Ascolta
L’ombra delle mie parole.
Piange lacrime d'icore
Il cuore intrappolato
Chissà dove.
Con te.
Ora non sento
La mia metà più antica,
Ora non comprendo
Dove sia ciò che non vedo,
Ora l’assenza mi taglia,
Lacerando il buio.
Cento stelle narrano la mia vita
Ed una sola, riflessa, ciò che sarò.
Desidero fuggire laddove la mia
Anima
Non potrà seguirmi.
Idra m’attende nel cuore.

Domitilla e la luna




Domitilla si ferma per guardarsi indietro.
Diavolo quanto ha corso!
Ora può tranquillamente passeggiare come se nulla fosse. Vento dolce le accarezza le guance, il collo, e fugge via rapido e brusco come un amante inopportuno.
Come vorrebbe poterlo raccontare, ma non può; e quanto desidera conservare l’aria di quella sera che già l’abbandona affinché il cielo accolga la notte.
È tranquilla, Domitilla, cammina solitaria ma sollevata, procede ormai sicura e a passo spedito; fa quasi piccoli balzi dalla contentezza, è vigile e spensierata allo stesso tempo, come quando da bimba ignorava il dolore.
Sembra di ritorno da una festa o da un segreto appuntamento; al contrario ha appena distanziato una vecchia sgradita conoscenza.
Lui l’aveva aspettata sul marciapiede di fronte al vecchio negozio di libri davanti al quale lei ogni sera passava di ritorno a casa. E sempre sostava davanti l’unica, grande vetrina che, più che esporre, celava i volumi dormienti sui ripiani impolverati. E sempre era in quell’istante, nell'attimo in cui sorridente pensava alla gelosia dell’avulso libraio per i suoi vecchi e fedeli tesori, che lo vedeva riflesso: Lui, appoggiato al lampione che non s’accendeva mai, distratto l’aspettava, ogni sera, da una vita.
Ed il sorriso diventava dolore. Ogni sera, da infinite sere, la seguiva fino a casa, e senza parlarsi sapevano l’uno l’altro chi fosse.
Ma questa volta Domitilla non aveva imboccato la strada verso casa, e con una breve corsa s’era diretta verso il fiume, sul ponte coperto dove da piccola passeggiava, inciampando a volte sul sentiero, e presso cui il pomeriggio tardi giocava a “se passi sei vivo!” nel quale eccelleva per noncuranza dell'imminente oscurità che nascondeva incubi spaventosi o dei sinistri immaginari scricchiolii delle assi di legno.
Si arresta bruscamente, e lui, speculare come un'ombra, si ferma senza mostrare apparenti segni di perplessità; si sporge lievemente, Domitilla, ed avverte il pungente odore dell’acqua nera del fiume dove una vaga luna riflessa, che sembra dirle qualcosa, scivola fra i piccoli massi trascinando con sé il suo mistero.
A poca distanza l’uno dall’altra, fermi, il vento che si alza: Domitilla è un po’ stanca e si siede sulla forte e salda ringhiera del ponte.
Lui vorrebbe parlarle, far riemergere tutto il mistero del suo mondo. Fa un passo.
Lei cade giù.

Ventitré



Arriva la notte dagli occhi verdi,
Lontano la desidera il tramonto fascinato: - notte,
Devo averti già incontrato,
O era un sogno?
Ti ricordo e fa male; intrecciavi al crepuscolo una
Trama di diamante con le ultime ore del giorno e i fili del mio cuore.
Ora che non ho più radici, dove lascio la
Rabbia d’averti perduto? -.
La notte leviga la luna e sussurra: - ore nere riecheggiano nel mio regno,
Eremo freddo ed inaccessibile; il giorno tramonta
Dentro me.

Provi invano
A cercare la tua ombra.
Per un attimo
Potresti scorgerla,
Anche se già sai d’averla
Perduta mille volte.-
Piange ghiaccio, il cielo d'opale; ma non temere.
E' questo l'incanto che disarma,
Ribelle, contro ogni limite che sfida l'eterno.
Oscurando l’orizzonte, ti scruta l’abisso di smeraldo.

Il Demone



Luna di pietra
E cielo d'abisso
Dove nascondo ricordi perduti
Eloquenti come un sogno.
Viaggio senza conoscere i luoghi in cui,
Infinite volte,
Lascerò la mia anima.

Ora

Morta meraviglia nell'avvertire ogni possibilità che scorre via fra le dita,
Urtando la mia delicatezza, trasformandomi in ciò che non vorrei.
Ore severe con la mia anima.
Il mio sole dov’è?
O la mia luna…
Volata via insieme all'ultimo desiderio.
Il sogno gettato nell'oblio dalla veglia crudele, o protettiva? nego il nuovo messaggio, un dolore antico.
Vedere ciò che é morto fa paura, fa male, fa morire. Lascia un vuoto, lascia niente.
Eri. Ed ora non più. Neanche nelle parole.
Non più raccontato, non più udito, non più visto.
Dove sei?
Ora che non ci sei, non ti vedo.

Viaggio verso ciò che mai ho desiderato,
Irta d’ostacoli la mia strada
Verso casa.
Ore di ghiaccio.
Ma sento nella pelle, dritto al cuore, incidere la rabbia che sta svanendo.
Ora, un taglio che attraversa l’anima ed una ferita trova un posto per sè, per sempre.
Resto in attesa che la vita mi meravigli
E nulla accade. Scivolo via, semplicemente.
Niente che mi renda eterna. Il cuore fermo. Sul fondo del mare.
Dov’è l’unica stella che racchiude il mio dolore?
Ora che non ti vedo, non ci sei.

Otto minuti


Otto minuti. La distanza del sole da noi.
Otto minuti impiega la luce di questa stella per arrivare fino a me.
Otto minuti perché l’immagine del sole si rifranga nei miei occhi.
Quindi ciò che vedo in questo momento non è il sole come è adesso, ma com’era otto minuti fa.
E’ notte e osservo la luna, e la sua luce riflessa, che impiega quasi un secondo e mezzo per raggiungere il mio sguardo.
Tento d’abituarmi al buio; rintraccio la costellazione della Lira, ed ecco Vega, la quinta stella, a più di 25 anni luce da me.
Guardo Vega com’era 25 anni fa, quando neanche ero nata.
Ammiro l’immagine di qualcosa che non c’è. O meglio, che non è più così come la vedo io adesso.
Più guardo lontano nello spazio più vedo lontano nel tempo.
Come quando vedo stelle lontane miliardi d’anni luce, che magari ora non esistono più, ma la cui immagine ancora viene trasportata attraverso lo spazio dalla luce fino a me; in quell'istante guardo qualcosa che non esiste più.
Allora rifletto; se è vero che qualcosa che è lontano nello spazio è lontano anche nel tempo, lo stesso vale per ogni cosa.
Ad esempio tu, che mi sei di fronte.
Quante frazioni infinitesimali di tempo impiega la tua immagine ad essere catturata dai miei occhi?
Quanto sei distante, quanto sei lontano?
Ti guardo, ma ciò che vedo è com’eri, non come sei.
Ti conosco nel passato, mai nel presente.
Ognuno di noi due è su di un piano sfalsato rispetto all’altro, anche rispetto alla realtà.
Non riuscirò mai a “vederti” davvero, mai conoscerò come sei adesso, o meglio, saprò fra meno di un miliardesimo di secondo quello che tu sei ora, ma già sarà il tuo passato.
L’unico modo per essere vicini? E’ il contatto la sola maniera per condividere la stessa realtà; non ti vedo ma ti posso sentire, se mi prendi la mano, se mi fai una carezza…
Ma ti guardo e non ti vedo.
Sarai sempre lontano, sempre distante, anche se mi sarai accanto tanto da percepire il battito del tuo cuore.